Addio monti, addio casa, addio famiglia

C’è una storia che tutti conoscono. Ci hanno interrogato a scuola, abbiamo scritto temi sulla sua trama e i suoi personaggi sono entrati nei nostri modi di dire. È talmente nota che nessuno più la nota. Certo, ci sono i suoi fan irriducibili che la venerano e la trattano come oggetto da museo, ma una storia imbalsamata non è più una storia, così come un motociclista fuori dalla pista non è un motociclista.

E dunque c’è questa storia che tutti sono costretti a leggere, pochi si incaponiscono a venerare e moltissimi hanno ingurgitato ed espulso come lo sciroppo per la tosse, necessario e fastidioso.

Sto parlando di Renzo e Lucia, e della truppa che li accompagna: Don Rodrigo e Don Abbondio e la monaca di Monza e tutti gli altri. C’è bisogno di mettersi promessi sposia ripetere la trama della loro storia?

Direi proprio di sì, proprio perché tutti la conoscono. I Promessi sposi è un romanzo che difende ed esalta l’utilità dei violenti capovolgimenti di fronte. La morale complessiva potrebbe essere: non è affatto confortante guardarsi attorno e constatare di non avere avversari.

Ci sono due ragazzi della provincia, si amano e hanno un lavoro. La loro è una vita modesta, ma non sono indigenti. Vivono al lago, un panorama mozzafiato e poco casino. È l’ideale per metter su famiglia, se non si hanno grilli per la testa. Gli amici sono sinceri e il lavoro è pesante. La domenica si va in chiesa e qualche sera all’osteria. Avere un piccolo tetto da condividere con l’amato e i figli è un sogno su misura. Bello e fattibile. Tanto confortante quanto tranquillo. Una gioia semplice, direbbe il romantico. Una noia mortale, direbbe il realista. In ogni caso è ciò che Renzo e Lucia sono pronti a volere per tutta la vita, sinceramente. E nessuno, ma proprio nessuno dei loro amici e parenti si è sognato di contraddirli, anzi tutti si congratulano e festeggiano il progetto delle nozze imminenti.

Una volta sposati, Renzo e Lucia avrebbero vissuto al lago, tra casa e lavoro. E sarebbero stati felici, onestamente e semplicemente felici; avrebbero tirato su dei bravi figlioli, litigato su piccole stupidaggini, goduto delle feste di paese, pianto i loro morti. Niente di più e niente di meno.

Per fortuna, poco prima delle nozze qualcuno si decide a dare una bella raddrizzata a un percorso altrimenti un po’ rattrappito. Qualcuno fa un atto di bene verso Renzo e Lucia, impedisce il loro matrimonio. Con la comparsa in scena di Don Rodrigo entra a piedi pari nella storia anche la speranza. Salta tutto, Renzo e Lucia dicono addio ai loro progetti lieti e quieti. E finalmente comincia una storia umana come Dio comanda!

Potrebbe sembrare fin troppo paradossale il modo in cui finora ho sintetizzato una trama arci-nota, ma talvolta è necessario uno scossone per vedere quel che non si riesce più a vedere. Penso che il vero inizio della storia di Renzo e Lucia sia la memorabile pagina dell’Addio monti, perché da lì in poi loro due cominciano davvero qualcosa.  3715284Fino a quel momento la trama è stata come una testa girata all’indietro, parla di un passato fisso e pianificato: i progetti di una giovane coppia, le mire pruriginose di un signorotto locale, il suo tentativo di mettere i bastoni tra le ruote ai fidanzati e i tentativi falliti dei fidanzati di ricomporre il progetto matrimoniale saltato. Si nuota in acque già note. Ma quando arriva il momento di mollare tutto, perché non è possibile ricucire la tela strappata, allora una vera novità s’introduce nella storia. Inizia un quadro diverso da quello prestabilito nei progetti dei fidanzati. Da quel momento in poi comincia una trama vera e propria, c’è una testa che guarda in avanti.

Il primo effetto di una novità è la scoperta. Sulla piccola barca che la porterà chissà dove, Lucia scopre casa sua, come la vedesse per la prima volta. Proprio nel momento in cui l’abbandona, vede la sua vita (passata). La ragazza non aveva mai guardato ciò che aveva sotto gli occhi come nel momento in cui dice addio a tutto:

 

addio cime ineguali

addio ville sparse e biancheggianti

addio casa natia

addio casa sogguardata tante volte di sfuggita

addio chiesa

 

Tutto il frutto buono, positivo e costruttivo del romanzo si nutre di questo seme: lo struggimento della perdita. Non c’è «concime» migliore nella vita. Perché se ora – con un grande balzo – passiamo a considerare l’epilogo della storia, vedremo che solo a partire dallo snodo decisivo della perdita si genera un guadagno esponenziale. Può essere utile uno schema:

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Il punto di arrivo coincide con il punto di partenza: la costruzione di una casa. Non è che, dopo tutte le peripezie attraversate, il progetto cambia e Renzo e Lucia decidono, magari, di avere una relazione «aperta» in cui lui diventa imprenditore tessile a Milano e lei viene assunta come segretaria dall’Innominato. No. Pur messo a soqquadro, il progetto iniziale resta tale e viene compiuto: volevano sposarsi e si sposeranno, andando ad abitare dove avevano deciso. Con quale differenza, rispetto alla situazione prima dell’addio? La casa ospita uno spazio umano molto più grande.

Alla fine, la storia piccola di due fidanzati abbraccia la Storia umana complessiva. In principio l’idea di Renzo e Lucia è «egoisticamente» piccola: il loro amore, il loro paese, la loro casa, i loro progetti. Dopo la fuga, gli anni passati lontani e i pericoli superati, quella stessa casa si è ingrandita, perché gli occhi e il cuore dei due protagonisti hanno incontrato una grande varietà umana e geografica: gente buona e gente cattiva, disgrazie e gioie, amici nuovi e vecchi parassiti. E tutto questo guazzabuglio umano entrerà in casa loro: alla fine del viaggio la famiglia di Renzo e Lucia sarà un progetto più ampio e comprensivo di quello che avevano pensato in partenza, sarà un orto nutrito dai semi che hanno raccolto per via.

Proviamo, ad esempio, a pensare a come Renzo guarderà i suoi figli, ricordandosi della madre di Cecilia. L’immagine premurosa di quella donna che accudisce con tutta la dolcezza materna la sua bimba morta e la depone sul carro dei monatti è un «corso di aggiornamento» esauriente per un genitore!

Per tutto il tempo del viaggio, cioè dell’allontanamento e successivo ritorno a casa, il percorso di Renzo e quello di Lucia DEVONO essere diversi. Perché è un viaggio educativo, e il compito del padre non è uguale al compito della madre.

La madre genera e, proprio come suggerisce il nome della protagonista, la donna è la luce che promana dalla casa e produce frutti. A Lucia spetta incontrare l’umano e cambiarlo attraverso la sua testimonianza, se la libertà altrui l’accoglie. Infatti, l’Innominato cambia, ma la monaca di Monza no.

Il padre ha un ruolo comprensivo, quasi «digestivo». A lui spetta il compito di guardare il mondo, conoscerlo e portarlo «digerito» dentro casa. Renzo è testimone della Storia (le insurrezioni popolari, la peste) e dell’umano (oste, fornai, madre di Cecilia). Renzo osserva, sbaglia, capisce e alla fine dirà: «ho imparato questo, ho imparato quello, ecc …».

In questo spazio aperto il compito familiare dei due promessi sposi si compie: Lucia porta la feconda luce domestica al mondo, Renzo conosce e porta il mondo dentro le pareti domestiche. Lei dona fuori, lui accoglie dentro. Il frutto finale è che la casa piccola ed egoistica dell’inizio diventa una casa grande e fecondata dal contributo dell’umanità. È la stessa casa, ma è diversa. È fatta nuova.

Ora chiediamoci chi è l’artefice di questo frutto inaspettato e grande.

Don Rodrigo. Sì, proprio lui. Insieme all’ignavo Don Abbondio.

L’avversario genera l’avventura. O meglio: l’avversario genera un cambiamento che i protagonisti scelgono di vivere come un’avventura e non come una sconfitta.

Ciò che viene in direzione opposta e fa saltare tutti i piani è il motore di un cambiamento infine buono. Per questo, all’inizio, dicevo che Don Rodrigo porta la speranza. Per quanto contraddittorio possa sembrare, è lui a forzare la mano, a dare un calcio nel sedere all’affetto semplice e impigrito di Renzo e Lucia. La prova dolorosa conduce a una gioia più grande di quella progettata in principio. È come il parto per una madre.

 Il tempo in cui viviamo è molto simile a questa storia. Da sempre si credeva che la famiglia fosse Renzo e Lucia, un uomo e una donna che si sposano e mettono su casa. Era una verità data talmente per scontato da essere lasciata nel dimenticatoio. Si può dire che anche i più entusiasti sostenitori della vita domestica fossero pigri quanto Renzo e Lucia all’inizio della storia. La casa era solida e già costruita, i progetti erano semplici e sinceri.

Invece – proprio in questi giorni – ci ritroviamo sbattuti sulla barca dell’Addio. È arrivato Don Rodrigo a buttare giù il castello che reggeva da secoli. Sul tema della famiglia è in corso un dibattito gigantesco e profondo. Tutto ciò che si dava per scontato sta saltando e viene attaccato. Siamo sulla barca dell’Addio. Lasciamo, come Renzo e Lucia, la piccola casa in cui credevamo di essere tranquilli e beati. Ma «addio» – come nel caso dei Promessi sposi – non è un congedo finale, bensì la porta spalancata verso una casa che troveremo più grande. Voglio pensarla così.

Come in ogni cosa umana, l’attuale dibattito sulla famiglia ospita voci sincere e voci ideologicamente interessate. Ci sono anche i Don Abbondio, gli ignavi. C’è di tutto.

Cos’è una famiglia? L’affetto tra due persone, a prescindere dal loro orientamento sessuale, è una dote per lo Stato? Che posto hanno i figli dentro la sfera affettiva di una coppia? E cosa esige la dignità della loro persona? Tutto ciò è materia di scontro, più che di confronto. Tutto ciò spesso degenera in materia di scambio politico o preteso per offensive indegne. È un campo di battaglia, come da sempre lo è la Storia.

Quando si è in mezzo al polverone è inutile battersi il petto, si deve stare sul pezzo. Ma quando si è nel polverone non si può andare alla cieca. Bisogna seguire qualcosa, anche una piccola luce. Forse Lucia.

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Foto di Angus Kirk

Non so cosa nascerà da tutto questo putiferio sulla famiglia, ma sono certa che si possa vivere questo putiferio nel modo in cui Renzo e Lucia hanno vissuto i loro casini. Ci è chiesto di uscire di casa, di dirle addio, cioè di mettere tutto in discussione e non per abbandonarlo, ma per vederlo meglio. Non ci è chiesto di cambiare casa, ma di essere pronti a ricostruirla da capo. Perché anche chi crede di sapere già tutto deve imparare qualcosa. E Lucia vede davvero casa sua nel momento dell’addio. Dicendole addio, la troverà più grande alla fine del viaggio.

Il punto, infatti, non è la necessità di cambiare casa. Si può andare in capo al mondo per ritrovare il punto di partenza. Ed è un esercizio fruttuoso. Personalmente, io ho un’idea di famiglia radicata nell’esperienza cristiana e ne sono così nutrita da non volerla affatto vedere distrutta. Ma sono pronta a ricostruirla da capo, a metterne a fuoco meglio le fondamenta e l’arredamento attraverso un dibattito anche radicale, perché non voglio darla per scontato.

Ero molto piccola quando ho visto che strade non convenzionali possono portare a risultati molto tradizionali. Mia madre fu così coraggiosa da scegliere la via della separazione non consensuale per tenere unita la nostra famiglia. Passò dal tribunale per non tradire ciò che aveva promesso a Dio in chiesa. Assurdo. Ma vero. All’inizio fu incomprensibile a tutti, dopo anni lo schema del disegno si mostrò e la ferita della separazione ci ha permesso di ritrovare un’unità più vera, tra me, mia madre e mio padre. Non ci siamo trasformati in una famiglia allargata, ma siamo tornati a essere una famiglia tradizionale.

Dunque non mi spaventano gli addii, se non sono una via di fuga facile.

Dunque ringraziamo anche Don Rodrigo, se l’avversario mi introduce a un’avventura.

Avventuriamoci a scoprire da capo cosa è un «desiderio»: attesa di compimento? progetto ambizioso? volontà cocciuta?

Avventuriamoci a scoprire da capo cosa è un «diritto», cosa è la «generazione», come è compatibile la visione tradizionale della famiglia con la lunga serie di omicidi domestici che la cronaca ci documenta. Ne faremo fondamenta rinnovate di un progetto antico quanto il mondo.

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