Qualche giorno fa a Catania è stato trovato un neonato abbandonato in una cesta, con il cordone ombelicale ancora attaccato. Sta bene, ci confermano gli ultimi aggiornamenti. Il dettaglio del cordone ombelicale mi è rimasto impresso, quasi fosse un grido. Quasi elemosinasse ancora un rapporto, reciso purtroppo.
La vera dipendenza
Che grande vulnerabilità esposta in quel cordone, segno di una dipendenza totale. Come a dire: vivo se sto attaccato a qualcuno. Guai a manifestare una cosa del genere, oggi. I nostri cordoni ombelicali li tagliamo spavaldamente, o piuttosto li nascondiamo con cura (anche noi stessi). Ostentiamo la fierezza di traguardi che ci siamo guadagnati da soli, con le nostre forze. Senza chiedere niente a nessuno – la medaglia da appuntarsi al petto. Ma sarà poi vero?
Quel neonato è rimasto nudo in attesa di soccorso con tutto il suo cordone ombelicale in bella vista. Era visibile nella sua piccola persona la ferita dolorosa di un rapporto interrotto di cui nulla sappiamo, ma che molto ha da dire. Una creatura appena nata ha avuto l’ardire di sbatterci in faccia la dipendenza, quella vera, che noi eludiamo, rifuggiamo, sviliamo. Se proprio ci capita di riconoscerci dipendenti, oggi, è da sostanze, illusioni, fantasie che nulla hanno di fecondo: sono lacci invisibili che ci legano per trasformarci in utenti, clienti, follower. Sembra il rovescio del paolino «quindi non sei più schiavo, ma figlio». E quindi se non ci riconosciamo più figli, siamo schiavi alla mercé di chi usa bene le armi retoriche: il bisogno di relazione resta, ma al cordone si sostituisce un guinzaglio.
Ombelico allo scoperto
Ignaro di questi ragionamenti, il neonato di Catania era solo e soltanto se stesso: un figlio bisognoso di un legame di appartenenza viva, pulsante, d’amore. Ed era anche ignaro del tempismo così glamour della sua uscita in pubblico. Lui, maschietto, è comparso sulla scena delle notizie proprio mentre nelle pagine di moda si parlava della necessità – prioritaria, eccome – di liberarci dal pregiudizio che il crop top sia un indumento esclusivamente femminile. (Dicesi crop top quel genere di maglietta o simile che lascia scoperto l’ombelico).

Perché privare l’uomo di un indumento così fresco e trendy per l’estate? E dalle pagine patinate sono piovuti applausi a Mahmood e ai Maneskin che hanno osato sdoganare il crop top maschile, mostrandosi con queste magliette corte e la pancia in vista. Pionieri tiepidi, rispetto al neonato di Catania con tutto il suo cordone esposto … mica solo un raffinato ombelico su addominali scolpiti.
Angeli col cordone
Curiosa, in effetti, questa tendenza. Di noi, genere umano del XXI secolo, si potrà dire: andavano in giro mostrando l’ombelico eppure fieri ‘di essersi fatti da soli’.
Il primo motivo valido per mostrare l’ombelico sarebbe proprio quello di ricordarci che siamo generati, e ne portiamo il segno. «Sono» nasce da un «siamo», e sta scritto al centro delle nostre pance. È un «siamo» che è durato nove mesi dentro il grembo e non sparisce quando siamo creature separate da nostra madre. Restiamo con questo strano e invisibile crop top nell’anima, bisognosi di non sentirci separati – non recisi, anzi – dal cuore del mondo.
In una lettera datata 8 gennaio 1944 J.R.R. Tolkien scrisse a suo figlio Christopher:
«Ma Dio è anche (si fa per dire) dietro di noi, sostenendoci, nutrendoci (dato che siamo creature sue). Quel luminoso punto di potere dove il cordone della vita, il cordone ombelicale dello spirito termina, là è il nostro angelo, che guarda in due direzioni: a Dio dietro di noi, senza che noi possiamo vederlo, e a noi».

Ce lo immaginiamo sempre presente, l’angelo custode. Ma un po’ staccato da noi. Magari su un’imprecisata nuvoletta sopra la nostra testa.
Solo un genio profondamente intuitivo poteva regalarci quest’istantanea dell’angelo custode che sta a reggere il cordone ombelicale che ci lega fecondamente al Cielo. Verrebbe da attribuirgli tutta l’energia vivace che si vede nei corpi e nei volti di chi fa il tiro alla fune. Solo che non c’è nessuna gara per l’angelo, solo l’inesausto desiderio di non separarci dal vero bene. E questo «cordone ombelicale dello spirito» non è il filo del burattino che viene manovrato, è una cascata di nutrimento che ci tiene in piedi, per essere davvero liberi. Liberi, perché legati come figli.
Grazie Annalisa,
mi hai fatto vedere cose che non vedevo, se non un’altra vittima del nonsenso di questo mondo…..bellissima riflessione..grazie ancora
Pensa che io, invece, il primo pensiero che ho avuto, di fronte a questa notizia tristissima, è stato quello di come la mamma lo avesse dotato (quanto consapevolmente non si sa) come di un viatico: le sue cellule staminali presenti nel cordone. Se non sbaglio, molte puerpere decidono di far conservare il cordone ombelicale dei figli perché le cellule indistinte in esso presenti sono potenziali cure. Non so se sia esatto, ma a partire da questo ci ho letto come un desiderio di vita che vada oltre il “semplice” fatto di averlo messo al mondo. O comunque mi consola vederla così.