Squilibrata
Tutte abbiamo fatto un salto sulla sedia ed esultato, ascoltando le recenti dichiarazioni di Marie Kondo:
Fino ad ora sono stata una professionista del riordino, quindi ho fatto del mio meglio per tenere sempre la mia casa in ordine. A quello ci ho un po’ rinunciato, ma per me è un bene. Adesso mi sono resa conto che quello che è più importante per me è godere del tempo che passo a casa con i miei figli.
Abbiamo esultato perché è cosa rarissima che qualche guru-influencer cambi idea e lo confessi apertamente. Bravissima. Abbiamo esultato perché il magnifico universo ordinato ed equilibrato di Marie Kondo ci è sempre sembrato alieno dai nostri recinti domestici pieni di figli e voci alte e piatti sporchi e lavatrici a pieno regime e panni stesi in sala. La sua visione dell’ordine contraddiceva il nostro putiferio di vita, disordinato appunto. E forse il mito di lei, bella e fresca e ordinata e felice, instillava il dubbio che la nostra fatica quotidiana di slalom sghembi e affanni maldestri fosse sinonimo di non perfetta letizia.
Ora che Marie Kondo ha alzato le braccia arrendendosi al disordine e possiamo immaginarla – istantanea più hard di un film a luci rosse – con una camicia stropicciata e un cassetto pieno di calzini anarchici, tiriamo anche noi un sospiro di sollievo. Ok. Anche lei è squilibrata come tutte noi.
Però.
Mettiamo ordine
Una delle cose certe su di me è che sono disordinata, e non in senso platonico o retorico. Lo sono non solo riguardo alla gestione delle cose pratiche ma anche nella testa. Molto di quello che produco nella scrittura accade per collisione caotica di pensieri e non in seguito a ragionamenti ordinati. Funziono così.
Da bambina e ragazza la mia camera è sempre stato un disastro. Ora sono mamma di 3 figli e non sono diventata l’opposto di quello che ero da giovane. Però, proprio le ultime parole di Marie Kondo, mi hanno fatto pensare al cambiamento che è accaduto da quando mi sono sposata e via via sono arrivati i figli. Diventando mamma ho messo molto ordine. E di conseguenza sono anche diventata più ordinata nella vita pratica. Se è vero che la mia casa non è mai lontanamente vicina a un tempio immacolato, è altrettanto vero che il rapporto coi miei figli mi ha cambiata anche nel desiderio di curare il luogo in cui viviamo.
Ed è qui che casca Marie Kondo. Ha chiamato ‘disordine’ la sua gestione meno ligia al dovere nel riordino domestico. In realtà, rispondendo al bisogno di stare coi figli ha messo sul tavolo un vero criterio di ordine. La casa perfettamente ordinata è un idolo se dietro non c’è una visione di famiglia. Tante volte mi sono ritrovata a lavare compulsivamente cucina e bagno, proprio nei giorni in cui qualche litigio minava l’armonia familiare. Un lavello pulito potevo averlo, anche quando il cuore aveva qualche macchia. L’ossessione del candore e del rigore si fa spazio proprio quando scricchiola o vacilla un ideale di vita che ordina tutto il resto.

Quindi, udite udite, proprio quando la Kondo si mostra sorella di nostri casini domestici, mi permetto di contraddirla. La famiglia mette ordine negli assi cartesiani intimi del nostro io, ed è una faccenda che si ripercuote anche sull’aspetto della casa, ma non c’entra con quello.
Guardarsi, rispondere
C’è un abisso di differenza tra il mio disordine adolescenziale e la mia attuale casa non ben ordinata. Oggi rispondo della mia presenza a mio marito e ai miei figli e non è un obbligo quello di cui sto parlando. Li guardo e vedo che dire sì a loro ha messo ordine nella mia persona. Ha dato alla vita un appiglio che la sottrae alla pura anarchia.
Ogni santa mattina ci sono milioni di cosa da fare, centinaia e centinaia resteranno non fatte o s-fatte. Quando vale la pena fare qualcosa vale la pena farla male – diceva Chesterton. E il punto è “quando vale la pena”, la famiglia vale la pena: esige un impegno che diamo senza risparmio e, quindi, la casa disordinata non è segno che ci siamo lasciati andare, ma che abbiamo fatto tutto quel potevano (e qualcosa inevitabilmente è rimasto fuori). Nei rari momenti di lucidità ci si rende conto che quello che si fa lo si fa non per senso del dovere ma per senso di gratitudine. Che alcune cose restino fatte “male” è nella logica della non onnipotenza umana, ma non è perché “la famiglia è una casino e allora diamoci su”. In famiglia il disordine più che normale non è trasandatezza allo stato brado, perché la maggior parte di noi fa esperienza proprio dell’opposto. Abbiamo case non immacolate, ma siamo persone ordinate. Che hanno messo in ordine i sì della vita. Che non si lasciano andare all’entropia, ma guardano e rispondono alle persone che amano.

Il desiderio di rendere curato e amabile lo spazio domestico si è accresciuto in me, ed è l’opposto del maniacale riordino compulsivo. Oltre alle necessità impellenti di fronte a cui ci si barcamena, mi fa bene dedicarmi a piccoli gesti di ordine domestico. Faccio il mio esempio, voi avrete i vostri. Una mia pessima abitudine giovanile era quella di non rifarmi il letto. Ora ne ho quattro da rifare, matrimoniale e 3 singoli. La mattina esco di casa alle 7.30 con i letti rifatti. Non me lo sono imposto come rigore formale, non mi straccio le vesti se c’è il giorno in cui non riesco. Ma mi sono data il compito di questo segno di piccolo ordine visibile, e anche altri. Per ricordare a me stessa: il caos e la tentazione del non senso è fuori di casa, la famiglia porta un ordine nel garbuglio della mia anima.
Ed è una piccola routine che al pari di una preghiera mi fa stare vicina al centro di gravità che mi salva dal vero squilibrio.
Non mi sarei mai sognata di dirlo ma lo faccio: cara Marie Kondo, proprio ora che ho tre figli sono una persona più ordinata.
Beh, il “riordino” della Kondo (e dei minimalisti in genere) NON è l’ossessione del mettere ogni cosa al proprio posto ogni istante e del tirare casa a lucido.
Spezzo una lancia a favore d’un modo di essere che è anche il mio, a rischio di sembrare di parte.
Detto questo, sì: il punto è darsi delle priorità.
Cara Annalisa, chi diceva ” non sei tu al servizio della casa, ma e’ la casa al tuo servizio”. Un abbraccio e grazie, Anna